"Ama, ama follemente, ama più che puoi e, se ti dicono che è peccato, ama il tuo peccato e sarai innocente." (William Shakespeare)
sábado, 21 de noviembre de 2020
Dolci colline di sangue: il Mostro di Firenze
viernes, 20 de noviembre de 2020
Vita da pulp - I segreti della Libreria Sbagliata
Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker.
7-Se sapeste cosa c'è dietro...
jueves, 12 de noviembre de 2020
Vita da pulp - Il magico mondo dell'editoria
Veniamo questa volta ad alcuni aspetti molto importanti per chi scrive e vuole essere pubblicato, ma di cui, se è alle prime armi, per forza di cose non è detto che sia al corrente. Ma non si può scendere nell'arena con gli altri gladiatori senza prima conoscere le regole del massacro. Nel magico mondo dell'editoria le cose funzionano (o non funzionano) così. La casa editrice – sia ben chiaro, parlo di editori veri, non di quelli che si spacciano per tali – sceglie di pubblicare il tuo libro in formato cartaceo. Diamo per scontato che il tuo sia anche un bel libro. Come ci arriva in libreria? L’editore lo affida ai promotori: coloro che vanno appunto nelle librerie a presentare un volumone contenente le schede delle prossime uscite di tutte le case editrici che rappresentano, affinché la libraia o il libraio scelga ciò che le/gli interessa e decida quante copie ordinarne. E qui cominciano i problemi.
Per esempio, il tuo libro può non essere uno dei titoli su cui la casa editrice ha deciso di puntare, pertanto parte già penalizzato. Ci sono libri di serie A e di serie B. Supponiamo che il promotore sia stato informato che il tuo non è un libro importante; oppure, dovendo presentare troppi titoli tutti in una volta, sia lui stesso a decidere chi sia importante e chi no e, guarda caso, tu ricadi nella serie B. Pertanto la tua scheda editoriale non verrà neanche presentata dal promotore, né letta dal libraio/la libraia; quindi la tua opera, di cui le stesse librerie ignorano l’esistenza, non sarà mai prenotata.
Beninteso, non è che i promotori siano per forza malvagi. Ma, come per tutte le fasi del percorso di un libro dalla casa editrice alla libreria, dal redattore al commesso, basta che ci sia un singolo passaggio che non funziona per mandare tutto a carte quarantotto. Nella mia esperienza, in qualche caso il passaggio critico è stato proprio quello della scheda di promozione. Per esempio, quando stava per uscire il mio secondo romanzo, seppi di un libraio già informato e interessato, che però aveva dovuto insistere parecchio con il promotore per riuscire a prenotarne qualche copia; immaginate quindi quante copie potessero richiederne i librai che non ne conoscevano l'esistenza.
Si può vivere benissimo in simbiosi con i promotori, a patto di avere tempo da dedicargli. Alla storica Libreria del Giallo di Milano, dove lavorai per alcuni anni, la regola era che la titolare Tecla Dozio o io ci facevamo porgere dal promotore di turno il volumone con tutte le uscite, esaminavamo di persona scheda per scheda e alla fine ordinavamo non solo i titoli di nostra competenza diretta, ma anche quelli che potevano interessare a livello personale ai nostri clienti più assidui, di cui conoscevamo i gusti.
Teniamo presente però che una libreria non ha abbastanza spazio per tenere anche solo una copia di ogni libro che esce, pertanto deve selezionare. Le librerie "tematiche", ovviamente, scelgono i libri che riguardano gli argomenti di cui si occupano. Per una libreria "generica", i criteri sono il gusto e l'impostazione di chi la gestisce, oppure un metodo più spietato: controllare su un database quante copie abbia venduto lo stesso autore con il suo ultimo titolo. Se il libro precedente non è andato troppo male in libreria (e abbiamo visto solo il primo dei mille motivi per cui un libro può andare male), forse sarà ordinato quello nuovo.
Se di molti titoli il libraio richiederà solo una copia da mettere in scaffale (dove è sicuramente meno visibile rispetto a libri messi in vetrina o in esposizione tra le novità), della maggior parte dei volumi usciti non ne terrà neanche una copia. Quindi chi entra in una libreria non si aspetti di trovare subito il titolo che cerca e, solo perché quella libreria non lo ha a disposizione in quel momento, non lo classifichi come inesistente. Esiste, solo che lì non c'è. (So che questo concetto può essere molto difficile da assimilare, quindi lo spiegherò per esteso nella prossima puntata.) Intanto ti do subito un'altra bella iniezione di ottimismo.
Può anche capitare che il tuo libro – presentato dal promotore nelle modalità sopra descritte – non raccolga un numero sufficiente di prenotazioni da coprire i costi di stampa e pertanto l’editore decida di non pubblicarlo. Dieci anni fa, sull'onda della crisi globale, una casa editrice cancellò le uscite di tutti i libri previsti per un certo periodo, a eccezione di un mio saggio sulla storia dello spionaggio e del secondo volume di ricette di una nota conduttrice tv; per un po' il mio fu l'unico titolo di quell'editore che si potesse leggere anche fuori dalla cucina. Supponiamo dunque che il tuo libro sia sopravvissuto a questa fase. Viene stampato e va in distribuzione. Salvo imprevisti, il giorno dell’uscita ufficiale viene consegnato alle librerie che l’hanno ordinato. A quelle che non l’hanno ordinato, ovviamente, no.
Concedi al libraio uno o due giorni per aprire lo scatolone e tirare fuori le copie che ha ordinato del tuo libro... sempre che lo abbia fatto. Può darsi però che proprio il giorno prima ne abbia ricevute settecento di 77 sfumature da Vinci e ancora non sia riuscito a inventarsi dove metterle. Dal momento che le copie del tuo libro sono poche, o una sola, finiranno in scaffale. Ed è già una fortuna, perché così risulteranno dal computer. Ma può anche darsi che, per mancaza di spazio, le copie del tuo libro non escano affatto dallo scatolone, non vengano inventariate e finiscano spostate direttamente tra i volumi da mandare in resa, come se non fossero mai arrivate.
In ogni caso, se ti aspetti che all'uscita il tuo libro sia esposto in vetrina o sul bancone delle novità, scordatelo: se non sei una star o non ti trovi in una libreria che ti conosce di persona, in vista ci sono solo i titoli di autori professionisti consolidati, quello del VIP del momento e, s'intende, 77 sfumature da Vinci, il nuovo bestseller prefabbricato. Di questo la libreria si ritrova tra i piedi settecento copie, non prenotate ma imposte da un potente editore che deve rientrare del mezzo milione di dollari di anticipo e ora deve venderlo con qualsiasi mezzo. Quindi anche la libreria deve cercare di piazzarlo a ogni costo.
In genere il distributore – l’entità che intasca la percentuale maggiore per ogni copia venduta – consegna puntuale. A meno che tu non abbia programmato una presentazione presso la libreria, la quale ne ha ordinato apposta più copie del normale: in tal caso si verificano i seguenti incresciosi episodi:
-il distributore manda per errore un numero di copie inferiore al dovuto, oppure consegna il numero di copie giusto... ma di un altro titolo
-per rimediare, all'ultimo momento, l’editore manda alla libreria una cassa di copie in conto deposito con un corriere, il quale inevitabilmente e in modo inspiegabile la perde per sempre: non ne verrà mai più trovata traccia
-per rimediare, all'ultimissimo momento l’editore manda alla libreria una seconda cassa di copie in conto deposito con un corriere, che però le consegna in ritardo, in genere il giorno dopo l’evento
-tu fai la presentazione senza le copie del tuo libro, perdendo lo slancio dei presenti che, essendo tuoi parenti o amici, oppure semplicemente per umana pietà, ne avrebbero pure comprata una copia
-la libreria ti odia, perché le hai fatto perdere tempo, e mette in resa tutte le copie del tuo libro
-la casa editrice ti odia, perché le hai fatto perdere tempo e due casse di libri (anche la seconda cassa, in quanto la libreria ha messo in resa per il distributore pure le copie ricevute in deposito dall'editore, quindi ora le detrae dal proprio conto presso il distributore).
In tempi di Covid (nota: questo articolo è stato pubblicato nel novembre 2020) non si fanno più presentazioni in libreria. In un certo senso è meglio: ormai, se non eri un VIP o una star oppure non riuscivi a precettare un numero sufficienti di amici, parenti e passanti, alle presentazioni non ci andava quasi più nessuno. Ora le presentazioni si fanno online. Se a una cert'ora vedete che la vostra connessione wi-fi vacilla, è perché è il momento in cui tutti gli scrittori in lockdown presentano il loro libro in diretta video. Ma torniamo a parlare di tempi di normalità.
A parte la sfortunata sequenza di eventi sopralencata, se il tuo libro in scaffale non viene venduto subito, ossia se com'è naturale non c’è nessuno che in qualche modo abbia saputo della sua esistenza e lo venga a chiedere espressamente, vuol dire che "non va". Quindi tempo due settimane finisce nello scatolone delle rese, così la libreria se ne libera prima di vederselo messo in conto dal distributore ed essere costretta a pagarlo. Sicché l’editore si vede restituire a tempo di record le copie di un libro appena uscito e si guarderà bene dal pubblicartene un altro. Hai appena festeggiato la pubblicazione e il tuo libro è già morto, mentre la tua carriera è irrimediabilmente compromessa: sull'infausto database risulta che il titolo abbia venduto poco o niente.
Ma tu rifiuti di cedere a questo cinico destino. Aggiungi al tuo nome su Facebook la parola scrittore o scrittrice e cerchi nuove amicizie. Se a chi te la concede invii dopo cinque secondi la pubblicità del tuo libro, ti giochi ogni possibilità. Ma se invece riesci a convincere qualcuno a leggerlo... nella prossima puntata ti racconto cosa succede.
Continua...
Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker.
7-Se sapeste cosa c'è dietro...
8-Al buio gli scrittori sono neri
domingo, 8 de noviembre de 2020
Due detective e un Fantasma
Dietro le quinte di un giallo, di Andrea Carlo Cappi
Uscito in edicola il 3 novembre 2020 come numero 15 della collana I Gialli di Crimen e disponibile anche in ebook (epub e kindle), il volume Partita a scacchi per Sherlock Holmes porta in copertina i nomi dei due autori, Rino Casazza e Andrea Carlo Cappi. I lettori del primo non se ne sorprendono: da tempo incontrano nelle sue pagine eroi del giallo classico restituiti alla loro antica gloria. I lettori del secondo potrebbero pensare invece che io abbia deciso di dedicarmi a un apocrifo del leggendario personaggio di sir Arthur Conan Doyle. Chissà che non lo faccia davvero, un giorno. Ma il mio contributo a questo libro, pur essendo stato determinante per la sua esistenza... ha a che fare con Holmes solo in maniera molto trasversale.
Tutti conoscono Sherlock Holmes e il suo biografo-assistente dottor John Watson, creati da sir Arthur Conan Doyle intorno al 1887. Pochi sanno che prima di loro, nel 1841, era apparsa un'altra coppia investigativa: quella costituita dal cavalier Auguste Dupin, consulente della polizia di Parigi, e da un suo anonimo assistente-biografo che potrebbe coincidere, chissà, con l'autore stesso: Edgar Allan Poe. Ebbene sì: lo scritttore maudit ricordato per le sue storie tra gotico, incubo e irrazionale è anche, soprattutto con i suoi tre racconti dedicati a Dupin, il fondatore della letteratura mystery o, per usare il termine italiano, della narrativa gialla. Mai prima della trilogia di Dupin (I delitti della rue Morgue, Il mistero di Marie Roget, La lettera rubata) era apparso un personaggio che di mestiere facesse il detective.
Le analogie tra la notissima coppia Holmes-Watson e la meno famosa Dupin-anonimo sono inequivocabili. Il ruolo del biografo/co-protagonista è innanzitutto quello di intermediario tra l'eroe - un investigatore geniale i cui processi mentali sono di livello molto superiore alla media - e il lettore, che non capirebbe i ragionamenti del detective se questi non fosse costretto a spiegarli al suo accompagnatore che, come noi, non li ha capiti. L'abbinamento detective-assistente ideato da Poe e ripreso da Doyle si ritroverà in molte versioni diverse nella letteratura gialla successiva: Agatha Christie metterà a fianco di Hercule Poirot il capitano Hastings, alternato a molte altre spalle tra cui la scrittrice Ariadne Oliver, alter ego dell'autrice; Rex Stout attribuirà al sedentario investigatore Nero Wolfe il fido braccio destro Archie Goodwin, che è di fatto un detective hardboiled. Oltretutto (come notava Carlo Oliva nella sua Storia sociale del giallo) i protagonisti più geniali in questa lunga stagione letteraria sono sempre dipinti come individui solitari, eccentrici e pieni di manie, cui l'assistente fa da contraltare con la propria normalità.
Un altro aspetto significativo è che tanto Dupin quanto Holmes sono consulenti esterni delle forze dell'ordine, rispettivamente della Sûrété e di Scotland Yard. I poliziotti sono dipinti come burocrati o come sbirri buoni solo a inseguire e acciuffare ladruncoli in flagranza di reato, ma del tutto impreparati a risolvere un mistero. Quando si verifica un caso del genere, devono trovare qualcuno che ne capisca ben di più. Come ho scritto altrove, forse questo pregiudizio nasce dal fatto che la prima forza di polizia moderna, appunto la Sûrété, si è formata impiegando criminali usciti dalle patrie galere, bravissimi dunque a ragionare come i loro ex-colleghi, ma inadeguati di fronte a enigmi insolubili. Bisognerà aspettare l'era del commissario Maigret per assistere alla rivalutazione del poliziotto professionista.
Altro elemento in comune tra Dupin e Holmes è il metodo: l'attenta osservazione dei dettagli li porta a ricostruire un quadro completo della situazione. Ma c'è un aspetto fondamentale in cui i due investigatori sono diversi. Holmes distingue elementi chiave dove gli altri guardano senza vedere. Dai suoi rilievi sulla scena giunge per induzione a determinare l'accaduto, celebrando il trionfo del moderno metodo scientifico. Se nella letteratura britannica all'inizio dell'Ottocento la scienza era ancora ai confini con l'alchimia o addirittura con la magia (si pensi a Frankenstein), alla fine del secolo tenta il processo inverso, esplorando in modo nuovo persino i territori della superstizione: Holmes smitizza il Mastino dei Baskerville, mentre il Van Helsing di Bram Stoker affronta Dracula usando con rigore scientifico persino gli esorcismi della tradizione.
Dupin, pur essendo il predecessore di Holmes, è già un passo avanti rispetto a lui, potremmo quasi dire che è già un detective postmoderno nonostante sia anche il primo detective moderno. Il suo metodo scientifico si basa infatti sul riconoscimento dell'errore. Quando lui viene chiamato a indagare, la polizia ci ha già provato, ma ha fallito. Dupin interviene, in un certo senso, con un'indagine sull'indagine, in modo quasi parassitario. Identificando i pregiudizi mentali o le sviste che non hanno permesso ai poliziotti di arrivare alla soluzione del caso, va a guardare dove gli altri non hanno proprio pensato di cercare. E, come insegna la magistrale conclusione de La lettera rubata, è proprio lì che si chiarisce il mistero.
Nondimeno, checché ne dica Conan Doyle, che al suo personaggio fa prendere dichiaratamente le distanze da Dupin, le somiglianze tra i due personaggi sono notevoli. Lo sa bene Rino Casazza, scrittore e cultore del giallo classico, tanto da dedicare una parte della sua produzione a eleganti pastiche, producendo anche curiosi e inediti incontri tra creature di autori diversi. Ho conosciuto Rino nel 1995, quando lavoravo come editor per Il Giallo Mondadori. Non a caso in quel periodo aveva dato vita a un personaggio di nome don Patrizio Bruni, un sacerdote detective che si rifaceva, in tempi moderni, al Padre Brown di G. K. Chesterton. Di recente è uscito per I Gialli di Crimen il suo Sherlock Holmes, Charlie Chan e il salvataggio del Titanic: tre miti in un solo titolo.
Ma l'origine di Partita a scacchi per Sherlock Holmes risale agli anni Duemila e il suo nucleo è una mia responsabilità. Mi era stato chiesto di partecipare a un'antologia (poi, come tanti bei progetti, non realizzata) contenente racconti i cui protagonisti fossero celebri cattivi della letteratura. Come autore dei romanzi di Diabolik, decisi di occuparmi del predecessore letterario del personaggio delle sorelle Giussani: Fantômas di Allain & Souvestre, ladro e assassino in grado di assumere mille identità. I due romanzieri francesi non avevano mai raccontato il primo scontro tra il criminale e il suo avversario, l'ispettore Juve, presentandoli entrambi quando la sfida tra loro era già in atto. Era uno spunto interessante da cui partire.
Immaginai dunque che Juve fosse ancora un giovane viceispettore, vessato da un superiore incompetente, e che per risolvere un caso inspiegabile in cui sospettava che fosse coinvolto un criminale inafferrabile si rivolgesse al più grande consulente della polizia parigina, ormai molto anziano e a riposo: nientemeno che Auguste Dupin. Era l'occasione per narrare uno scontro titanico tra un genio dell'indagine al tramonto e il genio del delitto in ascesa. Ne venne fuori una storia che potrebbe essere definita racconto lungo o, per la sua complessità, romanzo breve. In base a quanto Edgar Allan Poe aveva scritto in merito al gioco preferito di Dupin, intitolai la storia Il gioco della dama, anche perché la trama ruotava intorno a una belle dame coinvolta nel piano criminale.
L'antologia non fu realizzata, il racconto rimase inedito e me ne dimenticai. Dopo qualche anno mi ricapitò sotto gli occhi: non mi ricordavo quasi più la trama e rileggendolo ebbi qualche sorpresa; così lo pubblicai online a puntate e in seguito lo raccolsi in un ebook presso Dbooks, mentre scrivevo altre due storie su Fantômas, ribattezzato cautamente Phantômas per non inciampare in questioni di copyright e poi, per maggior sicurezza, rinominato "il Fantasma", il nome scelto anche da Stefano Di Marino per lo stesso personaggio nella sua serie sulle Brigate del Tigre. Una delle mie storie fu il brevissimo prequel Fuori di Senna, per un'antologia i cui racconti dovevano essere ambientati in varie edizioni delle Olimpiadi (scelsi quella di Parigi del 1900) ed essere lunghi esattamente 2012 battute. L'altra storia, per la rivista digitale Action diretta da Stefano Di Marino presso Dbooks, fu il sequel La rosa e il serpente, cronologicamente posteriore alla fine del primo ciclo del Fantômas originale di Allain & Souvestre; qui il criminale, che a questo punto della sua saga si sta facendo credere morto, si trova a Milano nel 1914 e vendica a modo suo l'assassinio della Rosetta della Vetra, celebre caso di cronaca dell'epoca celebrato da una famosa canzone della mala.
Ma nel frattempo Rino Casazza aveva letto Il gioco della dama e preso due decisioni: primo, da appassionato di scacchi doveva smentire le affermazioni di Dupin sulla superiorità, appunto, del gioco della dama; secondo, non poteva permettere che il primo detective della storia del giallo, tornato in attività, scomparisse di nuovo nell'oblio. Perciò mi chiese il permesso di continuare il ciclo, raccontando di scontri successivi tra il detective e il Fantasma, oltre a un precedente incontro tra Holmes e Dupin. Ecco come nacquero il prequel Sherlock Holmes, Auguste Dupin e il match del secolo, che ora apre il nuovo volume, e Il miglior gioco, che lo chiude; dopodiché Rino continuò la serie con altri romanzi.
Da questo percorso nasce Partita a scacchi per Sherlock Holmes, in cui la parte centrale, intitolata Il Fantasma, riunisce le mie tre storie sul criminale: Fuori di Senna, Il gioco della dama, La rosa e il serpente. Quindi non ho scritto - per ora - neppure una riga con il personaggio di sir Arthur Conan Doyle, ma ho contribuito a restituire a quello di Edgar Allan Poe il ruolo di pioniere che gli spetta nella storia del giallo, mettendolo di fronte a un nemico che avrebbe dato filo da torcere ai migliori investigatori letterari di ogni tempo. Compreso Sherlock Holmes.
jueves, 5 de noviembre de 2020
Vita da pulp - Le grandi menti...
Riflessioni di un celebre scrittore ignoto, di Andrea Carlo Cappi
Great minds think alike, dice un proverbio britannico. Ossia, le grandi menti pensano allo stessa maniera. E hanno le stesse grandi idee. Potrebbe essere vero. Qualcuno mi troverà immodesto, ma varie volte è capitato che inventassi qualcosa che veniva ideato nel medesimo periodo da altri e reso pubblico prima da loro. Pertanto, se il mondo riconosce la loro trovata come una grande idea, ne consegue che forse lo è anche la mia.
Qualche lettore si è sorpreso quando in una puntata precedente ho citato il mio curioso "legame" con Twin Peaks. Nella prima stagione della celebre serie, il protagonista Dale Cooper non solo conduce la sua indagine sulla base di un sogno - tale e quale a un personaggio di un mio soggetto cinematografico che aveva partecipato a un concorso un paio di anni prima - ma ha lo stesso look che adottavo io in quegli anni; e questo ovviamente non stava scritto da nessuna parte. Sarà per questa curiosa somiglianza che in una scena il cattivo Jean Renault lo chiama Cappy? D'accordo, può essere un vezzeggiativo di cap, che sta per captain. Ma perché allora più avanti nella serie compare un personaggio minore di nome Cappy? A tutt'oggi non esiste una spiegazione che non sfiori il soprannaturale.
Ma non è l'unico caso di coincidenza creativa della mia carriera. Ce n'è un'altra che segue un percorso ben riconoscibile. Nel febbraio 1992 alla Libreria del Giallo incrocio strane figure di individui che vagano per la città alla ricerca di libri introvabili su commissione; rendendomi conto che potrebbe essere un lavoro interessante, invento la definizione "cacciatore di libri", che non mi risulta sia stata usata prima. Non so se sia per questo che su Il Giallo Mondadori - il cui direttore di quegli anni, Gian Franco Orsi è anche fondatore e frequentatore della Libreria - nel romanzo di John Dunning La morte sa leggere uscito nell’agosto 1993, il termine bookscout venga tradotto "cacciatore di libri", anziché semplicemente "cercatore di libri". Forse avrei dovuto depositare il copyright della definizione.
Ma certe cose devono essere proprio nell’aria. Nel maggio 1993 Arturo Pérez-Reverte dà alle stampe in Spagna il romanzo Il Club Dumas, con protagonista il cazador de libros Lucas Corso (poi interpretato da Johnny Depp nel film La nona porta di Roman Polanski). Me ne accorgerò forse a fine anno, ma nel frattempo, ancora ignaro di tutto ciò, nell’autunno di quell’anno divento ufficialmente il Cacciatore di Libri della Libreria del Giallo e mi metto a girare per Milano con giaccone scuro, Borsalino nero in testa e borsa a tracolla, in cerca di libri. E già che ci sono, oltre al personaggio che interpreto nella realtà, invento una serie di racconti pulp - sempre nel significato originario di "pulp" che ho già spiegato - ambientati a Milano, con protagonista il mio alter ego. Propongo subito la prima storia, intitolata appunto Cacciatore di libri, a Il Giallo Mondadori, che la pubblicherà nella primavera 1994. Ne usciranno altre tre, finché dureranno i racconti in appendice al Giallo, poi altre ancora su riviste e antologie, e due brevi romanzi prequel. Le prime storie sono raccolte nel 2000 in un volume che diverrà a sua volta materiale per cacciatori di libri (ma, se vi interessa, ne è prevista la ripubblicazione).
Non sono mai stato – sia ben chiaro – un raffinato professionista all’altezza del personaggio ideato dal mio illustre collega spagnolo, che incontrai per la prima volta nel 1997 proprio alla Libreria del Giallo, e a cui raccontai della coincidenza a margine di un'intervista; né avrei potuto fare concorrenza a Simone Berni, vero maestro nella caccia al libro, per il quale avrei scritto l’introduzione al suo celebre Manuale del cacciatore di libri introvabili. Mi limitavo a fare per i clienti della Libreria del Giallo, dietro modesto compenso, ciò che già facevo per uso personale, dato che gli interessi erano simili. Posso vantarmi però di avere recuperato per la redazione de Il Giallo Mondadori un paio di titoli, tra cui un numero rarissimo del 1947, di cui non erano rimaste copie in archivio: servivano per poterne recuperare il testo e ripubblicarlo nella collana I Classici del Giallo. Ma intanto siamo già a due coincidenze creative e la storia non è ancora finita.
Nel 1994, oltre ad andare a caccia di volumi su commissione, riprendo a lavorare quotidianamente con Tecla Dozio alla Libreria del Giallo, dove ero stato in servizio solo per un mese, nel febbraio 1992; comincio la mia attività clandestina di traduttrice di romanzi rosa; e infine divento editor e revisore di traduzioni per la redazione de Il Giallo Mondadori. In estate, inoltre, il caporedattore Lia Volpatti mi affida la revisione dello "speciale natalizio" della collana (il tradizionale Inverno Giallo, ora costituito da una selezione di racconti dall'Ellery Queen's Mystery Magazine cui se ne aggiungono alcuni di autrici e autori italiani della collana) e mi chiede di prendervi parte come scrittore: sarò l'unico a parteciparvi senza avere pubblicato un romanzo nei periodici Mondadori, ma ormai sono diventato un affidabile autore di racconti. Ho giusto in repertorio una storia ambientata intorno a Natale, datata circa 1980 e dissepolta ai tempi di RadioDetective. La rielaboro adattandola ai tempi e per la prima volta mi trovo nel curioso duplice ruolo di scrittore e di editor di me stesso. Questo racconto è la prima storia pubblicata (e la seconda nella cronologia) di Carlo Medina, personaggio noir milanese che tornerà nei due speciali successivi de Il Giallo Mondadori ed entrerà a far parte della più ampia saga thriller che oggi viene chiamata "Kverse".
Medina si ispira al protagonista di un film con Charles Bronson che vidi al cinema intorno ai nove anni, Professione assassino. Da allora, quando mi veniva chiesto cosa volessi fare da grande, rispondevo "Il killer professionista", così ero sicuro che non mi fossero rivolte altre domande stupide. Quando inventai il personaggio, intorno al 1979, la mia idea come aspirante scrittore era: "In un giallo classico un detective deve scoprire chi sia l'assassino e come abbia commesso il delitto; perché invece non scrivere una storia in cui è l'assassino che deve scoprire come commettere un delitto e coprirne le tracce?"
Circa quindici anni dopo, nel novembre del 1994, Medina vede la luce sotto il titolo Milano da morire, che strizza l'occhio a Scerbanenco, ai poliziotteschi anni Settanta e alla Scuola dei Duri di Milano ideata da Andrea G. Pinketts dopo la fine della cosiddetta "Milano da bere". Diventerà anche il titolo della raccolta delle prime storie di Medina quando saranno riunite in volume nel 2003. La definizione Milano da morire piace così tanto che mi verrà cortesemente chiesta in prestito per un saggio del 2007 sulla Milano post-Tangentopoli. Ma altri se ne approprieranno senza chiedere il permesso per un romanzo del 2016, pensando forse di averlo inventato loro. Le grandi menti hanno le stesse idee simultaneamente, le altre ci arrivano un po' più tardi e non controllano neppure se ci sono già ben due libri con lo stesso titolo sul mercato.
Ma veniamo al punto. Nel 1995 il nuovo direttore de Il Giallo Mondadori è un’altra mia vecchia conoscenza, Stefano Magagnoli. Quando gli consegno il materiale revisionato per lo speciale estivo Estate Gialla in uscita a breve, gli segnalo che sarebbe il momento di realizzare un volume senza precedenti nei sessantasei anni di storia della collana: la prima antologia di soli autori italiani. Con l’intuito che lo ha sempre contraddistinto, Magagnoli mi risponde: «Vuoi curarla tu?» Ricevo così, a pochi secondi dalla mia proposta, l’incarico ufficiale di preparare come successivo speciale natalizio la raccolta di racconti che attesterà la raggiunta maturità del giallo made in Italy, certificata dalla collana che ha dato il nome al genere.
Per festeggiare, decido di prendermi il resto del pomeriggio libero e ne approfitto per andare finalmente a vedere un film di cui sento parlare da quando ha vinto a Cannes l’anno prima: sono un autore pulp ma per mancanza di tempo ancora non ho visto Pulp Fiction. Quando entra in scena Harvey Keitel, constato che davvero great minds think alike: il signor Wolf altri non è che la versione di Carlo Medina secondo Quentin Tarantino. Come a sua volta la protagonista di Kill Bill sarà la sua versione della mia Mercy Nightshade Contreras, ma almeno in quel caso sarò arrivato prima io.
Per la cronaca, la mia antologia di soli autori italiani de Il Giallo Mondadori, pubblicata nel novembre 1995 sotto il titolo Inverno Giallo 1996, è un bestseller epocale. Non sto affatto scherzanzo. Se ne parla sui giornali ed è l'unico caso a me noto in cui la casa editrice debba farne una seconda distribuzione in tutte le edicole d'Italia, per soddisfare le pressanti richieste dei lettori. E sono stato io il primo a pensarci. Naturalmente qualche invidioso ne è infastidito e commenta con disprezzo: «Un’antologia a cura del commesso della Libreria del Giallo». Sì, è vero, in negozio do consigli ai clienti, ordino libri in uscita, spolvero gli scaffali e spazzo pure i pavimenti, per un modesto compenso che spendo in buona parte in libri. D’altra parte i veri scrittori pulp non nascono necessariamente ricchi di famiglia e devono lavorare per vivere. Inoltre quel particolare lavoro, come vi spiegherò la prossima volta, mi permetterà di avere una visione più completa di come funzionino i meccanismi dell’editoria.
Continua...
Immagine: A. C. Cappi in una foto di Vittoria Maggio
Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker.
7-Se sapeste cosa c'è dietro...
8-Al buio gli scrittori sono neri